sabato 18 febbraio 2017

Vita consacrata. Vino nuovo in otri nuovi




(José Rodriguez Carballo) Lo scorso 6 gennaio è stato pubblicato il nuovo documento della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica che ha come titolo Per vino nuovo otri nuovi. Dal concilio Vaticano II: La vita consacrata e le sfide ancora aperte. Orientamenti. Il documento è frutto di quanto è emerso nella plenaria del dicastero del 2014, che voleva fare una salutare verifica del percorso della vita consacrata in questi cinquant’anni che ci separano dal Vaticano II, una sosta per «discernere la qualità e il grado di maturazione del vino nuovo che si è prodotto nella lunga stagione del rinnovamento post-conciliare» (n. 9).
Come si può evidenziare dal titolo, il testo parte dal lògion di Gesù arrivato a noi attraverso i tre sinottici e che nella versione di Marco suona così: «Nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!» (Marco 2, 22) (cfr. nn. 1-3). In questològion Gesù mette in guardia i suoi discepoli e la primitiva comunità dei cristiani contro la tentazione di voler armonizzare nella propria vita la freschezza e la forza profetica del messaggio di Gesù, particolarmente in relazione con la misericordia (cfr.Matteo 9, 16-17), con la vecchia mentalità dominata da una giustizia che non è certamente quella di Gesù (cfr. Giovanni 8, 1-11). Questa piccola parabola mette in guardia contro le tendenze farisaiche sorte all’interno della primitiva comunità che rischiavano di snaturare il significato profondo del Vangelo, basato sulla legge della libertà (cfr. Giacomo 2, 12), sulla verità che ci fa autenticamente liberi (cfr. Giovanni 8, 32), la nuova giustizia superiore all’antica (cfr. Matteo 5, 20ss).
Tali tentativi non fanno altro che rovinare vino e otri. Gli otri secchi e rigidi, le strutture antiche, non possono contenere la forza del buon vino (Giovanni 2, 12) che non è altro che l’annuncio gioioso e frizzante del Vangelo. Il Signore si pone in aperta e critica distanza con le istituzioni dell’antica alleanza e chiede, ai suoi discepoli per primi, di aprirsi alla novità del Vangelo, alla novità che è Gesù stesso.
Questa è la tentazione sempre attuale per la Chiesa e certamente per la vita consacrata. Questa è posta oggi di fronte alle grandi sfide che comporta la fedeltà creativa alla quale ci chiama la Chiesa (cfr. Vita consecrata [Vc] 37), di fronte alla vocazione profetica che la caratterizza e la rende significativa nella Chiesa e nel mondo (cfr. Papa Francesco, Lettera a tutti i consacratiii, 2), di fronte alla ricerca appassionata della conformità con il Signore (cfr. Vc 37), di fronte alle difficoltà che comporta questo «periodo delicato e duro» che stiamo vivendo (cfr. Vc 13) e alla grande sfida di «riprodurre con coraggio la audacia, la santità e la creatività» dei nostri fondatori (cfr. Vc 37). In questo contesto, è chiamata a vigilare attentamente per non cedere alla tentazione di strappare «da un vestito nuovo una pezza per rappezzare un vestito vecchio» o di gettare «vino nuovo in otri vecchi» (cfr. Luca 5, 36-37). Nel contesto della vita consacrata e di questo documento, ben possiamo dire che non è possibile conciliare il vino nuovo dei nostri carismi con strutture obsolete che non soltanto non manifestano la loro freschezza e bellezza, ma che tante volte li fanno “invisibili” o quando meno molto confusi. I nostri carismi richiedono apertura mentale per immaginare modalità di verasequela Christi, profetica e carismatica. Se vogliamo che i nostri carismi rimangano attuali e la nostra vita di consacrati parli ai nostri contemporanei, detti carismi e detta vita devono trovare strutture istituzionali nuove.
A cinquant’anni dal Vaticano II, come riconosce giustamente il documento, i frutti della accomodata renovatio «secondo le esigenze odierne» richiesta dal concilio (cfr. Perfectae caritatis 1) sono stati numerosi; il cammino fatto, sempre per mano della Chiesa, è stato generoso e laborioso; e l’effetto della mensconciliare è stato ricco e ha portato a un sano e necessario rinnovamento della vita consacrata al suo interno e a una sua migliore comprensione nella Chiesa e nel mondo, alla luce dellaLumen gentium vi. Lo sforzo dei consacrati per rispondere al mandato del concilio riguardante il necessario rinnovamento è stato generoso e in molti casi coraggioso, «ricco di speranze, progetti e proposte innovatrici» (Vc 13). Come si afferma nel documento, in questi cinquant’anni che ci separano del concilio «la vita consacrata si è esercitata ad abitare gli orizzonti conciliari con passione e audacia esplorativa» (n. 6). 
In concreto il documento si sofferma essenzialmente su due strutture fondamentali nella vita consacrata e più particolarmente nella vita religiosa: le strutture di governo e le strutture di formazione. In tutte queste strutture si è lavorato con serietà e responsabilità e si sono raggiunte mete importanti. Ma il cammino continua e la realtà, sempre mutevole in questo cambiamento di epoca, continua a interpellarci. Ecco perché la vita consacrata deve domandarsi se le strutture attuali stanno al servizio della vita e della missione di ogni istituto o se invece è la vita che sta al servizio delle strutture. La vita consacrata deve domandarsi se non sta cadendo nella tentazione di rattoppare un vestito vecchio con una pezza strappata da un vestito nuovo, o di versare vino nuovo in otri vecchi. Devo domandarsi se non starà consumando le energie più valide nella continua gestione delle emergenze sempre più costringenti (cfr. n. 7).
Circa il servizio dell’autorità, si constata che dopo cinquant’anni dal Vaticano II non vengono dimenticate le “conquiste” fatte per renderlo più evangelico, ma allo stesso tempo si rileva «la tendenza a un accentramento verticistico nell’esercizio dell’autorità scavalcando così la necessaria sussidiarietà» (n. 19); tra l’altro ciò può influire decisivamente negli abbandoni (cfr. n. 21). In questo contesto diventa urgente praticare la spiritualità di comunione e la logica del Vangelo che ci chiede di lavare i piedi gli uni agli altri (cfr. Giovanni 13, 1ss). È urgente, pure, cambiare i modelli relazionali tra chi esercita il servizio dell’autorità e chi è chiamato a obbedire, e tra quanti formano parte della stessa famiglia. È chiaro che il cambiamento di modelli relazionali influirà decisamente su un altro elemento fondamentale della vita consacrata, particolarmente della vita religiosa: la vita fraterna in comunità (nn. 22- 28).
Nel campo della formazione, il documento costata che si sono compiuti «sforzi notevoli» (n. 14) nella ricerca «di nuovi itinerari formativi, appropriati all’indole e al carisma di ciascuna famiglia religiosa» (n. 5). Il cammino, però, deve continuare per assicurare una migliore «integrazione tra visione teologica e antropologica nella concezione della formazione, del modello formativo e della pedagogia educativa»; una più grande cura «per una crescita armonica tra la dimensione spirituale e quella umana» (n. 14). Nel campo della formazione si deve poi evitare qualunque improvvisazione, una formazione intellettuale separata dalla formazione alla sequela Christi (cfr. n. 15). Un’attenzione particolare va prestata alla preparazione dei formatori (cfr. Vc 66; n. 16). In questo campo e tenendo conto della cultura attuale, il documento si fa eco della necessità di ripensare il rapporto tra uomo e donna (cfr. n. 17-18).
Sappiamo che non mancano le tentazioni di devitalizzare e debilitare la nostra testimonianza profetica; di restare nella stagnazione della nostra vita senza via di uscita; di preferire le cipolle della schiavitù d’Egitto anziché la libertà dell’esodo; di impedire che i vecchi schemi istituzionali cedano il passo in modo deciso a modelli nuovi. Proprio qui la vita consacrata è chiamata alla parresìa, alla creatività, alla conversione delle strutture, a ricuperare la bellezza dell’essenziale nella vita, ad assumere la novità del Vangelo, a cambiare le cose secondo la legge del Vangelo, a lasciare strutture caduche ormai inutili, a prendere gli otri del Vangelo (cfr. n. 10; Papa Francesco, omelia, 5 settembre 2014) per rendere tutte le strutture più evangeliche e più in consonanza con i nostri carismi. È il momento di fare il punto sul vino nuovo e buono e sugli otri che lo devono contenere. 
Per vino nuovo otri nuovi. Il documento ci offre degli orientamenti importanti e precisi per rispondere a questa sfida urgente oggi forse più che mai. In questo momento della vita consacrata, momento bello ma complesso, i consacrati non possono che seguire con convinzione e speranza la direzione che ci segnala la bussola del Vaticano II (cfr. Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte, 43), e ascoltare l’invito di Papa Francesco a essere audaci e creativi, a ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi o, se preferiamo, quanto ci chiede lo stesso Gesù: «Vino nuovo in otri nuovi».
L'Osservatore Romano,