mercoledì 15 febbraio 2017

Strada di fedeltà

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Avvenire

(Enzo Bianchi) Con un' iniziativa insolita nella tradizione dei rapporti ecumenici, il patriarcato di Mosca e la Santa Sede hanno voluto commemorare il primo anniversario dell' incontro tra papa Francesco e il patriarca Kirill, avvenuto a Cuba lo scorso febbraio. Così i responsabili dei rispettivi dipartimenti per i rapporti ecumenici - il cardinale Kurt Koch e il metropolita Hilarion, entrambi presenti all' incontro di Cuba - si sono ritrovati domenica all' Università di Friburgo in Svizzera per riaffermare la comune volontà di proseguire sul cammino della fraternità e della solidarietà cristiana di fronte alle sfide che il mondo contemporaneo pone alle Chiese.Come hanno ribadito i due presuli, non si tratta del dialogo teologico propriamente detto, per il quale esistono apposite istanze multilaterali e in particolare una commissione teologica mista la cui componente ortodossa riunisce, sotto la presidenza del rappresentante del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, tutte le quattordici Chiese dell' ortodossia. Si tratta invece di intensificare i legami fraterni, di incoraggiare la collaborazione tra le prassi caritative generate dalla medesima sollecitudine per i poveri e le vittime delle guerre e delle violenze, di conoscere sempre più il cuore dell' altro, condizione indispensabile per giungere ad amarlo di più. Il metropolita Hilarion ha ricordato che l' incontro di un anno fa a Cuba non è stato voluto «per stringersi la mano e posare davanti alle telecamere» perché questo sarebbe stato cedere alla logica della mondanità, alla curiosità mediatica che privilegia l' apparire sull' essere, allo svilire gesti profetici riducendoli a sceneggiature a effetto. Noi peraltro sappiamo anche con quale ostinata insistenza papa Francesco volle che si arrivasse all' incontro con il patriarca Kirill, quanto vi abbia anelato e quante rinunce sia stato disposto a compiere pur di fissare il proprio sguardo in quello del fratello e poter insieme volgerlo all' unico Signore. Sappiamo anche quante critiche ha ricevuto per quel 'segno' posto con convinzione e tenacia, obbedendo alle parole di Gesù: «Se uno ti chiede di fare un miglio con lui, tu fanno due» (Mt 5,41). A maggior ragione l' incontro di Friburgo non ha cercato risonanza mediatica, ma resta proteso verso un sempre più quotidiano sentirsi fratelli, dialogando su quanto sta a cuore alle rispettive Chiese. È quello che il cardinal Koch ha definito il «dialogo della carità» che affianca il «dialogo della verità» senza sostituirlo, è l' ecumenismo dell' amore fraterno invocato da papa Francesco ogni volta che incontra chi è a capo di una Chiesa sorella o rappresenta una comunione di chiese o comunità ecclesiali. Quando due cristiani si incontrano, e ancor più quando lo fanno un Papa e un Patriarca posti dal Signore a presiedere e guidare nella carità milioni di fedeli, al centro non stanno le loro figure né i progetti delle rispettive Chiese, ma solo il Vangelo, solo il desiderio di seguire fedelmente il Signore Gesù Cristo e di obbedire alla sua parola che chiede ai suoi discepoli di essere «una cosa sola perché il mondo creda» (Gv 17,21). Proprio di fronte alle sfide che la società odierna pone a tutte le persone di buona volontà, ogni cristiano dovrebbe sentire che dall' amore reciproco concretamente vissuto anche a caro prezzo, senza temere le umiliazioni, dipende l' essere discepoli di Cristo ed essere riconosciuti come tali da chi cristiano non è. L' augurio è che incontri commemorativi come quello di Friburgo non scadano a routine celebrativa, ma sappiano incoraggiare le Chiese a camminare verso la piena comunione, rinunciando a logiche confessionali e attuando le riforme chieste dal Vangelo. Il dialogo della verità nel cristianesimo non può mai essere disgiunto dalla carità, perché Cristo è l' una e l' altra, e non c' è possibile affermazione della verità senza la carità. Oggi le Chiese tutte cominciano a comprendere che l' ecumenismo significa innanzitutto conversione, riforma delle Chiese stesse in obbedienza al Vangelo: più ogni Chiesa è fedele a Cristo, più le Chiese si avvicineranno e si saranno in comunione tra loro.

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Roma e Mosca, il dialogo un anno dopo Cuba. A Friburgo Koch e Hilarion ricordano l'evento
Avvenire


(Andrea Galli) Il 12 febbraio di uno anno fa, il Papa e il patriarca di Mosca Kirill trovarono un una soluzione spiazzante per il loro storico incontro: l' aeroporto internazionale dell' Avana, all' incrocio dei rispettivi viaggi apostolici e su un' isola dove la presenza di russi ortodossi e cattolici è importante e richiama la tormentata storia del 900. Per celebrare il primo anniversario dell' abbraccio tra Roma e Mosca, gli inviati delle rispettive Chiese si sono ritrovati a un altro insolito "incrocio": Friburgo in Svizzera.Lì appunto il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l' unità dei cristiani, e il metropolita Hilarion Alfeyev, capo del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca, si sono dati appuntamento domenica scorsa, nell' aula magna della locale università, per un incontro dal titolo "Il dialogo continua" in riferimento a Francesco e Kirill. Perché Friburgo: perché organizzatrice dell' evento è stata Barbara Hallensleben, dell' Istituto di studi ecumenici dell' ateneo svizzero - oltre che consultore del dicastero di Koch - allo stesso Istituto insegna teologia dogmatica Hilarion e lì in passato ha insegnato pure Koch, svizzero di Basilea. «Come per ogni evento storico, ci vorrà indubbiamente del tempo perché l' incontro de L' Avana e la Dichiarazione comune possano dare i loro frutti» ha detto il porporato, indicando nel suo intervento tre direzioni per il prosieguo del cammino: «l' ecumenismo dei santi, l' ecumenismo culturale e l' ecumenismo dell' azione comune». Il primo può avvenire «attraverso lo scambio di reliquie o di icone che verrebbero proposte alla venerazione dei fedeli» e poiché «condividiamo la comune tradizione spirituale del primo millennio del cristianesimo », «si potrebbero compiere dei passi verso un riconoscimento reciproco di alcuni santi». Non solo del primo millennio. «Per esempio, Gregorio di Narek, che pure visse dopo la separazione tra la Chiesa cattolica e la Chiesa armena, nel 2015 è stato proclamato dottore della Chiesa da papa Francesco. I santi delle nostre Chiese, già uniti in cielo, sono le nostre guide e i nostri intercessori migliori per realizzare l' unità tra noi». L' ecumenismo culturale ha già prodotto risultati tangibili dopo L' Avana, attraverso il lavoro del Gruppo mi- sto di lavoro per il coordinamento dei progetti culturali tra la Santa Sede e il patriarcato di Mosca. Scambi di studenti delle Pontificie Università romane, ha detto Koch, ma a cui si possono aggiungere altre iniziative. A Mosca sono stati appena prorogati i tempi di apertura della mostra "Roma Aeterna, capolavori della pinacoteca vaticana. Bellini, Raffaello, Caravaggio" alla Galleria Tretyakov, visitata anche dal presidente Vladimir Putin. E a fine anno, o inizio 2018, ai Musei Vaticani approderanno i capolavori dell' arte russa di soggetto biblico della Tretyakov. Infine un «ecumenismo pratico », soprattutto per quanto riguarda «la questione dei cristiani del Medio oriente, la libertà religiosa, la solidarietà con i poveri, la famiglia o i giovani». Ma uno dei frutti più sostanziosi dell' incontro di Friburgo è forse stata la proposta di Koch per affrontare il nodo dell' Ucraina: la creazione di una commissione ad hoc per guarire le ferite del passato, permettere la purificazione della memoria e immaginare un futuro comune. Sull' Ucraina è tornato con forza anche Hilarion, dopo aver ricordato che «le condizioni storiche nelle quali vivono oggi i cristiani così come le sfide che l' umanità sta affrontando, ci obbligano a imparare a vivere e ad agire in questo mondo non come concorrenti ma come fratelli, prima ancora della restaurazione della piena comunione, per difendere insieme i valori che abbiamo in comune». «Per gli ortodossi - ha ricordato il metropolita - la dichiarazione fatta per la prima volta all' Avana al più alto livello, secondo la quale l' uniatismo non è un metodo per raggiungere l' unità tra le Chiese e che il proselitismo sotto ogni forma è inaccettabile nelle relazioni ortodosse-cattoliche, è stata un passo importante per ripristinare la fiducia». «Tuttavia - ha aggiunto -, sappiamo quanto l' incontro di papa Francesco con il patriarca Kirill sia stato accolto in modo irritante dalla Chiesa greco-cattolica ucraina», «l' uniatismo si dimostra una forza che semina odio e inimicizia, impedendo sistematicamente e deliberatamente la riconciliazione tra l' Oriente e l' Occidente », per questo «riteniamo necessario continuare la discussione sull' uniatismo... in modo da portarlo alla sua logica conclusione».