giovedì 5 gennaio 2017

QUELLO SGUARDO CHE SPEGNE LA MALIZIA



Attraverso l'annuncio di Filippo, quel giorno era planato su Natanaele lo sguardo del Messia inviato da Dio, l’unico che poteva vederlo senza malizia sotto il fico, il luogo dove i saggi scrutavano le Scritture. Gesù lo aveva visto nella luce della Parola che si sarebbe fatta carne in lui nella comunità cristiana dove i sacramenti che attualizzano il Mistero Pasquale lo avrebbero fatto rinascere come figlio di Dio. Allo stesso modo Gesù ci vede oggi senza falsità, perché ci vede già perdonati e rigenerati nel suo sangue! Ci vede salvati "prima" ancora di incontrarlo e di aprirci a Lui, mentre viviamo in Galilea, terra di confine, traffici e compromessi con i territori pagani dove non riusciamo a custodire l'immagine molto buona di Dio. E gettiamo "esche" affettive sugli altri perché c'è ancora in noi la falsità del demonio, come ci suggerisce il senso originale del termine greco reso con "falsità" o “malizia”. Ma Gesù sa "vedere prima" dei nostri peccati il desiderio del suo amore che c'è nel nostro cuore. Sa che da Nazaret non poteva venire niente di buono, e vi è sceso per trasformare in buono ciò che non lo è. Come ha fatto con Natanaele, trasformando il suo dubbio in una splendida professione di fede: "Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!". Per questo scende anche oggi nella nostra Galilea con il potere di estirpare questo veleno e compiere in noi "cose ancora più grandi" dell'esperienza di essere guardati con misericordia. Nella Chiesa ci trasforma in apostoli liberi per amare nell’amore con cui siamo amati, che significa "vedere il cielo aperto" su Gesù incarnato nella storia di ogni uomo. E' "più grande" che l'essere amati il poter amare offrendo la vita come angeli (messaggeri) crocifissi con Cristo sulla scala della Croce, dove scendere e salire, morire e risorgere con Lui, per incontrare i peccatori e annunciare loro il Vangelo. Aprire cioè il Cielo della vita celeste che attende ogni uomo attraverso la nostra vita unita a quella del Messia "figlio di Giuseppe", il servo sofferente della tradizione ebraica, che ha offerto se stesso per strapparci tutti alla morte.