venerdì 13 gennaio 2017

«Amoris laetitia». I criteri applicativi.



 Luce per le nostre famiglie

(Charles Jude Scicluna e Mario GrechVengono diffusi oggi dall’arcivescovo di Malta a dal vescovo di Gozo i «Criteri applicativi del capitolo VIIIdell’esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia». Il testo, sottoscritto in occasione della solennità dell’Epifania, è rivolto in particolare ai sacerdoti della provincia ecclesiastica maltese e intende accompagnare lungo la strada del discernimento quelle persone che, come i re magi, desiderano leggere la propria storia di vita alla luce di Gesù. 
Simile alla “stella” che guidò i re magi verso l’incontro con Gesù, così l’esortazione apostolica Amoris laetitia illumina le nostre famiglie nel loro cammino verso Gesù e alla sua sequela.

Questo vale anche per le coppie e le famiglie che si trovano in situazioni complesse in modo particolare quelle che includono persone separate o divorziate che stanno vivendo una nuova relazione. Alcune di queste persone, anche se «hanno perso» il primo matrimonio, non «hanno perso» la loro speranza in Gesù. Fra queste troviamo chi desidera intensamente vivere in pace con Dio e con la Chiesa, e ci pone l’interrogativo su quello che deve fare per celebrare i sacramenti della riconciliazione e dell’eucaristia.
Come i magi che, trovato Gesù, fecero ritorno al loro paese per un’altra strada (cfr. Matteo, 2, 12), così avviene che queste persone — talvolta dopo un viaggio lungo e tortuoso — incontrano Cristo che gli dona un avvenire anche quando gli risulta impossibile tornare per la stessa strada di prima. Attraverso l’accompagnamento e il discernimento onesto, Dio è capace di aprire nuove strade davanti a queste persone, anche se sono reduci di un cammino segnato dalle “tenebre” di scelte sbagliate o di esperienze amare segnate dall’abbandono o dal tradimento. Nel loro incontro con Cristo e con la Chiesa, queste persone trovano una “luce” che illumina la loro vita presente e li aiuta a intraprendere con speranza e coraggio la strada del ritorno a Dio.
Pertanto, su indicazione di Papa Francesco, noi vescovi di Malta e Gozo offriamo a voi, cari confratelli presbiteri delle nostre diocesi, queste linee guida per accompagnare lungo la strada di «un responsabile discernimento personale e pastorale» quelle persone che desiderano leggere la propria storia di vita alla luce di Gesù (cfr. Amoris laetitia, 300). Esortiamo che queste linee guida siano lette alla luce dei riferimenti che stiamo indicando. 
Anzitutto dobbiamo sempre tener presente che il nostro ministero pastorale verso le persone che vivono in situazioni familiari complesse è il ministero della Chiesa, che è madre e maestra. Noi presbiteri abbiamo il dovere di illuminare le coscienze con l’annuncio di Cristo e dell’ideale pieno del Vangelo. Al contempo, abbiamo anche il dovere che, sulle stesse orme di Cristo, esercitiamo «l’arte dell’accompagnamento» e diveniamo fonte di fiducia, speranza e integrazione per coloro che chiedono di vedere Gesù (cfr. Giovanni, 12, 21), particolarmente per quelle persone le più vulnerabili (cfr. Amoris laetitia, 291, 296, 308; Evangelii gaudium, 169). Nel caso di coppie che hanno dei figli, tale integrazione è necessaria non solo per loro, ma pure «per la cura e l’educazione cristiana dei loro figli, che debbono essere considerati i più importanti» (Amoris laetitia, 299; cfr. anche Amoris laetitia, 245-246).
Quando incontriamo o veniamo a conoscenza di persone che si trovano in situazioni dette “irregolari”, dobbiamo impegnarci per entrare in dialogo con loro e conoscerli in un clima di amore autentico. Se, susseguentemente, esse manifestano il desiderio o accettano di intraprendere un processo serio di discernimento personale della loro situazione, accompagniamoli volentieri e con tanto rispetto, cura e attenzione. «È importante far sentire che sono parte della Chiesa, che “non sono scomunicati” e non sono trattati come tali, perché formano sempre la comunione ecclesiale”» (Amoris laetitia, 243). In questo processo, il nostro compito non è semplicemente quello di dare un permesso per accedere ai sacramenti o di offrire delle «semplici ricette» (cfr. Amoris laetitia, 298) o di sostituire la coscienza di queste persone, ma quello di aiutarli con pazienza a formarla e illuminarla affinché siano loro stessi che arrivano a prendere una decisione sincera dinanzi a Dio e fare il maggior bene possibile (cfr. Amoris laetitia, 37).
Prima di considerare la cura pastorale verso quei discepoli del Signore che hanno vissuto l’esperienza del fallimento del loro matrimonio e attualmente si trovano in una nuova relazione, vorremo rivolgere la parola a coloro che convivono o si sono sposati solo civilmente. Queste persone «hanno bisogno di un’attenzione pastorale misericordiosa e incoraggiante» (Amoris laetitia, 293) e «vanno affrontate in maniera costruttiva, cercando di trasformarle in opportunità di cammino verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla luce del Vangelo» (Amoris laetitia, 294). Nel discernimento pastorale è importante distinguere una situazione da un’altra. In alcuni casi, tale scelta «non è motivata da pregiudizi o resistenze nei confronti dell’unione sacramentale, ma da situazioni culturali o contingenti» (ibidem) e pertanto il grado di responsabilità morale non è uguale in tutti i casi. «Ricordiamo che un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà». (Amoris laetitia, 305, Evangelii gaudium, 44).
Consideriamo ora il nostro ministero con persone separate che sono in una nuova relazione o con persone divorziate risposate. Se durante il percorso di discernimento con queste persone nasce un dubbio ragionevole riguardo alla validità o consumazione del matrimonio canonico, proponiamo a queste persone di fare la richiesta per la dichiarazione di nullità o per la dissoluzione del vincolo matrimoniale.
Durante tale discernimento, anche qui va fatta un’adeguata distinzione tra una situazione e l’altra, perché non tutti i casi sono uguali. «Una cosa è una seconda unione consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione e grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe. La Chiesa riconosce situazioni in cui “l’uomo e la donna, per seri motivi — quali, per esempio, l’educazione dei figli — non possono soddisfare l’obbligo della separazione”. C’è anche il caso di quanti hanno fatto grandi sforzi per salvare il primo matrimonio e hanno subito un abbandono ingiusto, o quello di “coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido”. Altra cosa invece è una nuova unione che viene da un recente divorzio, con tutte le conseguenze di sofferenza e di confusione che colpiscono i figli e famiglie intere, o la situazione di qualcuno che ripetutamente ha mancato ai suoi impegni familiari. Dev’essere chiaro che questo non è l’ideale che il Vangelo propone per il matrimonio e la famiglia» (Amoris laetitia, 298).
Gioverebbe che in questo cammino di discernimento, accompagniamo le persone a fare «un esame di coscienza, tramite momenti di riflessione e di pentimento», in cui «dovrebbero chiedersi come si sono comportati verso i loro figli quando l’unione coniugale è entrata in crisi; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; come è la situazione del partner abbandonato; quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei fedeli; quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio» (Amoris laetitia, 300). Questo vale particolarmente per quei casi in cui la persona riconosce la propria responsabilità per il fallimento del matrimonio.
Nel discernimento, dobbiamo valutare la responsabilità morale nelle situazioni particolari, considerando i condizionamenti e le circostanze attenuanti. Infatti, «possono esistere fattori che limitano la capacità di decisione» o che perfino diminuiscono l’imputabilità o la responsabilità per un’azione. Tra questi troviamo l’ignoranza, l’inavvertenza, la violenza, il timore, l’immaturità affettiva, le abitudini, lo stato d’angoscia, gli affetti smodati e altri fattori psichici oppure sociali (cfr. Amoris laetitia, 302; Catechismo della Chiesa cattolica, 1735, 2352). A causa di questi condizionamenti e circostanze, il Papa insegna che «non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante». (Amoris laetitia, 301). «È possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato — che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno — si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa» (Amoris laetitia, 305). Questo discernimento è importante perché, come spiega il Pontefice, in alcuni casi questo aiuto può essere anche quello dei sacramenti (cfr. Amoris laetitia, nota 351).
«Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio» (Amoris laetitia, 305). Perciò abbiamo bisogno di esercitarci con prudenza nella legge della gradualità (Amoris laetitia, 295) per trovare e scorgere la presenza, la grazia e l’azione di Dio in ogni situazione, e aiutare le persone ad avvicinarsi maggiormente a Dio anche quando «non sono in condizione di comprendere, di apprezzare o di praticare pienamente le esigenze oggettive della legge» (Amoris laetitia, 295). 
Nel processo di discernimento, esaminiamo anche la possibilità della continenza coniugale. Nonostante che sia un ideale non facile, ci possono essere coppie che con l’aiuto della grazia pratichino questa virtù senza mettere a rischio altri aspetti della loro vita insieme. D’altronde, ci sono delle situazioni complesse quando la scelta di vivere «come fratello e sorella» risulta umanamente impossibile o reca maggior danno (cfr. Amoris laetitia, nota 329). 
Qualora come esito del processo di discernimento, compiuto con «umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento, nella ricerca sincera della volontà di Dio e nel desiderio di giungere ad una risposta più perfetta ad essa» (Amoris laetitia, 300), una persona separata o divorziata che vive una nuova unione arriva — con una coscienza formata e illuminata — a riconoscere e credere di essere in pace con Dio, non le potrà essere impedito di accostarsi ai sacramenti della riconciliazione e dell’eucaristia (cfr. Amoris laetitia, nota 336 e 351).
Durante il discernimento, esaminiamo con queste persone come «la loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali» particolarmente «in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale» (Amoris laetitia, 299). Non è da escludere che queste persone possono essere ritenute idonee per essere padrini e madrine. D’altronde, «se qualcuno ostenta un peccato oggettivo come se facesse parte dell’ideale cristiano, o vuole imporre qualcosa di diverso da quello che insegna la Chiesa, non può pretendere di fare catechesi o di predicare». A una persona del genere abbiamo il dovere di annunciarle nuovamente «l’annuncio del Vangelo e l’invito alla conversione». Ciononostante, «perfino per questa persona può esserci qualche maniera di partecipare alla vita della comunità: in impegni sociali, in riunioni di preghiera, o secondo quello che la sua personale iniziativa, insieme al discernimento può suggerire» (Amoris laetitia, 297).
In questo accompagnamento è importante che noi ascoltiamo e valorizziamo la sofferenza di quelle persone che hanno subito ingiustamente la separazione, il divorzio o l’abbandono a causa dei maltrattamenti del coniuge. Questo dolore diventa ancor più traumatico in situazioni di povertà. Il perdono per l’ingiustizia che una persona ha sofferto non è facile, ma resta sempre un cammino che la grazia rende possibile (cfr. Amoris laetitia, 242). 
Nell’adempimento di questo ministero, abbiamo la responsabilità di evitare di cadere nel rigorismo o nel lassismo. Pertanto, questo processo ci richiede alcune qualità importanti, tra cui: lo spirito della carità pastorale, l’onestà, la discrezione, la conversione continua, e l’amore per la Chiesa e il suo magistero (cfr. Amoris laetitia, 267, 300); un clima di attenzione e ascolto a quello che Dio ha fatto «dall’inzio» (cfr. Amoris laetitia, 61-66); un atteggiamento di umiltà per togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cfr. Esodo, 3, 5; Evangelii gaudium, 169); e il desiderio di cercare con animo sincero la volontà di Dio e di cospargere la fragranza della presenza vicina di Gesù e il suo sguardo personale (cfr. Evangelii gaudium, 169).
Per evitare ogni occasione di scandalo o confusione tra i fedeli (cfr. Amoris laetitia, 299), dobbiamo impegnarci per formare noi medesimi e le nostre comunità tramite lo studio e la promozione dell’insegnamento contenuto nell’Amoris laetitia. Questo insegnamento esige da noi «una conversione pastorale» (cfr. Evangelii gaudium, 25). Insieme al Santo Padre, anche noi vescovi avvertiamo che ci sono alcuni che «preferiscono una pastorale più rigida», ma insieme a lui, noi crediamo sinceramente «che Gesù vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla fragilità: una Madre che, nel momento stesso in cui esprime chiaramente il suo insegnamento obiettivo, non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada» (Amoris laetitia, 308).
Eleviamo la nostra preghiera a Dio, per intercessione della santa Famiglia di Nazareth, affinché per mezzo dei nostri presbiteri, la Chiesa a Malta e Gozo sia messaggera della gioia dell’amore e aiuti l’uomo contemporaneo ad aprirsi alla voce di Dio che risuona nella sua coscienza, e così veda aprirsi dinanzi a lui una nuova strada che lo fa uscire dalle tenebre verso la luce.
L'Osservatore Romano