venerdì 14 ottobre 2016

Padre dei giovani



(Lorenzo Agosti, Vicepostulatore) La vicenda umana e sacerdotale di Lodovico Pavoni ben si inserisce nell’anno giubilare, perché il fondatore dei Figli di Maria Immacolata è stato un autentico testimone della misericordia e della tenerezza di Dio verso le giovani generazioni.
Nato a Brescia l’11 settembre 1784 da nobile famiglia, che possedeva palazzo e terreni anche ad Alfianello, visse in un’epoca caratterizzata da profondi rivolgimenti politici e sociali: dalla Rivoluzione francese al Risorgimento. Del periodo dell’infanzia e adolescenza si ricorda il suo spirito di pietà, la sua sensibilità verso i bisognosi, la sua attenzione verso i ragazzi poveri, la sua intelligenza vivace ed acuta.

All’età di 19 anni, rispondendo alla chiamata del Signore, si orientò al sacerdozio e fu ordinato il 21 febbraio del 1807. Si distinse subito per la dedizione ai giovani, soprattutto ai più poveri. Nel 1812 per loro («pei poverelli») aprì un oratorio, dove ne radunò fino a 250 con più di 12 anni di età. Nello stesso anno fu scelto come segretario dal vescovo di Brescia, Gabrio Maria Nava, che gli affidò anche la direzione della dottrina cristiana ai poveri nel Duomo nuovo.
Accortosi che l’oratorio non era sufficiente per parecchi di questi giovani, senza famiglia e sfruttati sul lavoro, don Pavoni condivise con il vescovo le proprie preoccupazioni. Fu così che nel 1818 questi gli ottenne la nomina a canonico della cattedrale e gli affidò la rettoria della basilica di San Barnaba, oggi Auditorium cittadino.
Qui, nell’ex convento agostiniano adiacente alla chiesa, tra il 1818 e il 1821 nacque l’Istituto di San Barnaba, dove Pavoni accolse i ragazzi e i giovani in stato di maggior necessità, in un ambiente che diventò per loro famiglia e luogo di educazione alla vita, alla fede e al lavoro. Per loro aprì undici laboratori, che si possono considerare le prime scuole professionali di cui si abbia notizia. Fra le arti, la più importante fu la tipografia, attivata nel 1821 e ritenuta la prima scuola grafica d’Italia. Accanto a essa il Pavoni costituì una casa editrice con cui contribuì alla diffusione della buona stampa (stanno qui le radici dell’editrice Àncora, della congregazione dei Pavoniani).
L’istituto o «Collegio d’arti» di San Barnaba riuniva per la prima volta l’aspetto educativo, quello assistenziale e quello professionale. Consapevole che per i giovani il Signore ha una predilezione, Pavoni su di loro, sui più emarginati, concepì «le più belle speranze». Dalla sua esperienza e dalla sua saggezza pedagogica sono scaturiti alcuni consigli che rimangono di straordinaria attualità.
Durante il colera del 1836 Pavoni aprì la casa ai ragazzi rimasti orfani a causa dell’epidemia, tanto da raddoppiare il numero dei giovani ospitati. Pensò anche ai contadini e acquistò l’ex convento francescano di Saiano in Franciacorta, a quindici chilometri da Brescia, per farne una scuola agricola. Nel 1841 accolse nell’istituto anche i sordomuti. Il 3 giugno 1844 veniva insignito dall’imperatore d’Austria Ferdinando I del cavalierato della corona ferrea.
A sostegno e per la continuità dell’istituto, padre Lodovico andava coltivando da tempo il pensiero di formare con i suoi giovani più fervorosi «una congregazione religiosa». Ottenuta la lode dello scopo della congregazione, con decreto del 31 marzo 1843 da parte del Papa Gregorio XVI, il 9 dicembre 1846 giunse finalmente l’approvazione imperiale.
Pavoni, dopo aver dato formalmente il 29 novembre le dimissioni dal capitolo della cattedrale, l’8 dicembre 1847 emise la professione religiosa nella nuova congregazione, nella quale i fratelli laici erano direttamente inseriti con i sacerdoti nella stessa missione educativa.
Il giorno dopo lo scoppio delle Dieci Giornate di Brescia, padre Lodovico accompagnò a piedi e sotto la pioggia i suoi ragazzi al colle di Saiano, per metterli in salvo dalle violenze e dai pericoli causati dalla rivolta contro gli Austriaci. In questo tragitto contrasse una broncopolmonite, che lo portò alla morte all’alba del 1° aprile 1849, domenica delle Palme, ultima delle Dieci Giornate. Non aveva ancora 65 anni e soltanto da pochi mesi aveva potuto dare inizio alla Congregazione religiosa, che dopo la sua morte incontrò notevoli difficoltà prima di potersi consolidare ed espandere.
La spiritualità del Pavoni è strettamente correlata alla missione. Sottolinea la paternità divina, vista come Provvidenza, e l’umanità di Cristo, che predilige i piccoli e i poveri. Riconosce in Maria Immacolata la protettrice della sua opera. Si fonda sulla semplicità e sull’umiltà, che diventano servizio, tenerezza e paternità verso gli ultimi. Valorizza il lavoro, vissuto come mezzo di santità.
Il 5 giugno 1947 Pio XII emise il decreto sulla eroicità delle virtù, in cui Lodovico Pavoni è chiamato «un altro Filippo Neri... precursore di san Giovanni Bosco... perfetto emulatore di san Giuseppe Cottolengo». Il 14 aprile 2002 Giovanni Paolo II lo proclamò beato, fissando la memoria liturgica al 28 maggio.
Man mano che gli studi storici avanzano, la figura e l’opera di padre Lodovico emergono in maniera significativa. Sempre più unanimemente gli viene riconosciuto un ruolo di iniziatore e precursore in campo pedagogico. Pavoni diede inizio, in Italia, alla formazione professionale. Con la fondazione dell’istituto egli ha operato un intervento innovativo, che univa l’aspetto assistenziale, quello educativo e quello professionale. Ha coniugato l’attività educativa a quella lavorativa; il lavoro, e non soltanto lo studio, è diventato mezzo educativo. Dopo di lui, nella seconda metà dell’Ottocento e nel Novecento, altre figure di educatori e di fondatori, tra i quali anzitutto don Bosco, svilupparono questi aspetti e la loro opera incontrò successo e vasta risonanza; ma tutti, in modi diversi, sono debitori delle intuizioni e delle realizzazioni di Pavoni.
La congregazione religiosa da lui fondata ha continuato nel tempo la sua opera educativa e religiosa in favore dei giovani, soprattutto dei più poveri e bisognosi, e dei sordi; e oggi estende il carisma di padre Pavoni in molte città d’Italia, in Brasile, in Spagna, in Eritrea, in Colombia, in Messico, nelle Filippine e in Burkina Faso.

L'Osservatore Romano