lunedì 7 marzo 2011

Conosci te stesso.

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Per la notte propongo ancora la seconda lettura dell'Ufficio di oggi 7 marzo, tratta:

dai « Discorsi spirituali » di san Doroteo, abate

(Doctr. 7, De accusatione sui ipsius, 1-2: PG 88, 1695-1699)

La ragione di ogni turbamento è che nessuno accusa se stesso

Cerchiamo, fratelli, di vedere da che cosa soprattutto derivi il fatto che quando qualcuno ha sentito una parola molesta, spesso se ne va senza alcuna reazione, come se non l'avesse udita, mentre talvolta appena l’ha sentita si turba e si affligge. Qual è, mi domando, la causa di questa differenza? Questo fatto ha una sola o più spiegazioni? Io mi rendo conto che vi sono molte spiegazioni e motivi, ma ve n’è una che sta avanti alle altre e che genera tutte le altre, secondo quanto disse un tale: Questo deriva dalla particolare condizione in cui talora qualcuno viene a trovarsi. Chi infatti si trova in preghiera o in contemplazione, facilmente sopporta il fratello che lo insulta, e rimane imperturbato. Talvolta questo avviene per il troppo affetto da cui qualcuno è animato verso qualche fratel¬lo. Per questo affetto egli sopporta da lui ogni cosa con molta pazienza.
Questo può inoltre derivare dal disprezzo. Quando uno disprezza o schernisce chi abbia voluto irritarlo, disdegna di guardarlo o di rivolgergli la parola o di accennare, parlando con qualcuno, ai suoi insulti e alle sue maldicenze, considerandolo come il più vile di tutti.
Da tutto questo può derivare il fatto, come ho detto, che qualcuno non si turbi, né si affligga se disprezzato o non prenda in considerazione le cose che gli vengono dette. Accade invece che qualcuno si turbi e si affligga per le parole di un fratello allorquando si trova in una condizione molto critica o quando odia quel fratello.
Vi sono tuttavia anche molte altre cause di questo stesso fenomeno che vengono diversamente presentate. Ma la ragione prima di ogni turbamento, se facciamo una diligente indagine, la si trova nel fatto che nessuno incolpa se stesso. Da qui scaturisce ogni cruccio e travaglio, qui sta la ragione per cui non abbiamo mai un po’ di pace; né ci dobbiamo meravigliare, poiché abbiamo appreso da santi uomini che non esiste per noi altra strada all'infuori di questa per giungere alla tranquillità. Che le cose stiano proprio così lo costatiamo in moltissimi casi. E noi, inoperosi e amanti della tranquillità, ci illudiamo e crediamo di aver intrapresa la via giusta allorché in tulle le cose siamo insofferenti, non accettando mai di incolpare noi stessi.
Così stanno le cose. Per quante virtù possegga l'uomo, fossero pure innumerevoli e infinite, se si allontana da questa strada, non avrà mai pace, ma sarà sempre afflitto o affliggerà gli altri, e si affaticherà invano.